IRVIN YALOM, Il problema Spinoza

 

 

Irvin Yalom, Il problema Spinoza, Milano, Neri Pozza, 2012

Recensione di Annabella Ferrante (Liceo Statale "Domenico Cirillo" di Aversa)

Il problema Spinoza è un'opera di Irvin Yalom, edita nel 2012 da Neri Pozza. Si tratta di un romanzo filosofico a sfondo storico in cui sono esplorate, quasi messe in contrapposizione, sui due scenari paralleli della Germania nazista dello scorso secolo e dell’Olanda seicentesca, le vite alquanto controverse e misteriose di due personaggi che hanno cambiato la storia: il ripugnante ideologo nazista Alfred Rosenberg e il genio senza uguali Baruch Spinoza. L’autore, Yalom, è uno psichiatra e scrittore statunitense di origine russa, attualmente professore della Stanford University. Nel suo sito ufficiale si definisce uno psichiatra esistenziale: «mi sono avvicinato a tutti i miei pazienti con un senso di meraviglia per la storia che si sarebbe svelata. Credo che una terapia diversa debba essere usata per ogni paziente perché ognuno ha la propria storia». Yalom coltiva una passione per la filosofia tale da permeare non solo la propria pratica psicoterapeutica, ma soprattutto le sue opere. Sono, infatti, ben tre quelle dedicate a dei filosofi: Le lacrime di Nietzsche, La cura Schopenhauer e il già citato Il problema Spinoza.

La narrazione si apre con l’immagine del ventitreenne Bento impegnato nel gestire il negozietto di famiglia: una famiglia d’origine portoghese, scampata all’Inquisizione e rifugiatasi nella più tollerante Amsterdam. Dall'aspetto «troppo distinto e raffinato per essere un mercante», il giovane Spinoza fa parlare di sé sin da bambino: «ogni corso d’istruzione sembrava troppo elementare per lui, che dava l’impressione di assorbire le nozioni come una spugna» con capacità «così evidenti» e «fuori dalla portata di chiunque» da catturare l’ammirazione di illustri maestri e allievi. Il prodigio cresce incompreso, tanto da essere additato come un “problema” dagli altri sefarditi, per i suoi pensieri proibiti sui testi sacri, i quali lo inducono al desiderio «di una comunità che non sia schiava di false credenze». Il sentimento della libertà intellettuale lo condurrà all’accademia di Francis van den Enden, distinto uomo di mondo inviso dalla sinagoga, dove si sentirà cullato dalle idee dei più grandi filosofi greci e latini.

Il prodotto di questa educazione filosofica sarà un clamoroso cherem, che trascinerà sulle sue spalle una vita di velenosa solitudine, nella quale la tanto agognata libertà costituirà l’unico antidoto. Spinoza sarà finalmente, per il resto della sua breve esistenza, «un uomo libero che vive in mezzo agli ignoranti e lotta per quanto può per evitare i loro favori. Un uomo libero che agisce onestamente, non in modo ingannevole». «Libero dal giogo della tradizione» Spinoza visse cercando «di escludere il mondo esterno, di sprofondare nella propria interiorità, e di distrarsi analizzando con stupore quel curioso duello tra ragione ed emozione» lasciando che la prima sopraffacesse e dominasse la seconda, perché per Baruch era «assolutamente ammissibile, per il più alto dei diritti della natura, che chiunque impieghi la pura ragione per determinare come vivere in un modo che gli permetta di prosperare».

A prosperare saranno, infatti, le sue sublimi opere, che ispireranno, nei secoli a venire, alcuni dei più eminenti autori, come “l’eterno genio” Goethe, tanto ammirato da un diciassettenne Alfred Rosenberg, costretto, dopo aver pronunciato un ostinato discorso antisemita in classe, ad imparare a menadito brani tratti dalla sua autobiografia. Nei passi in questione il grande filosofo tedesco manifesta accesa ammirazione nei confronti dell’incomparabile pensatore ebreo.

Proprio quella punizione alimenta nella mente di Rosenberg un dilemma che lo perseguiterà per tutta la vita: come può il genio universale tedesco esser stato così influenzato dalle idee di un membro della razza inferiore? Sarà questa la matrice della crisi esistenziale del convinto ariano che, vittima del mefistofelico Hitler, ma prima ancora di sé stesso, cercherà, in prima battuta nel volto familiare del brillante psicologo Friedrich Pfister, poi tra le pagine dei testi redatti dallo stesso Baruch, una soluzione al suo “problema”.

Una storia da leggere tutta d’un fiato, immersa tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto essere, alla scoperta della viva e attualissima filosofia spinoziana e contro l’ottusa e persistente ossessione nazista del riuscire a decifrarne gli assiomi.