MICHELE COMETA, Perché le storie ci aiutano a vivere

Perché le storie ci aiutano a vivere

 

Michele Cometa, Perché le storie ci aiutano a vivere. La letteratura necessaria, Milano, Raffaello Cortina, 2017

Recensione di Salvatore Grandone

 

Il testo di Michele Cometa rappresenta senza dubbio un lavoro pioneristico nell’orizzonte scientifico italiano. L’autore conduce una ricerca interdisciplinare sul senso e sulla funzione delle capacità narrative, spaziando dalle neuroscienze al Literary Darwinism, dalla psicologia alla archeologia cognitiva e alla paleontologia. Fin dalle prime pagine del libro si fa strada l’idea che il costruire storie sia una facoltà presente nell’uomo già dalla nascita, ancor prima dello sviluppo del linguaggio. Secondo i recenti studi di paleontologia cognitiva, tra i 60.000 e i 10.000 anni fa «si registra una “rivoluzione cognitiva” che non ha uguali nella sua lunga e molteplice storia» (p. 83). Si tratta dell’interazione tra le forme innate di intelligenza (sociale, storico-naturale, tecnica e linguistica): «durante l’esplosione cognitiva cadono (…) le barriere tra queste forme di intelligenza ed esse vengono integrate attraverso lo sviluppo di una “fluidità cognitiva” prima sconosciuta» (p. 85). In questo modo diventa ad esempio possibile l’utilizzo di un’abilità tecnica in vista di uno scopo non solo pratico ma anche sociale – si pensi ad esempio a una statuetta votiva. L’attitudine alla narrazione sarebbe sopraggiunta quindi in un momento storico decisivo, che ha segnato l’evoluzione dell’intelligenza umana. L’autore non si pronuncia sulla funzione adattativa delle capacità narrative; egli resta prudente in merito all’ipotesi che questa facoltà sia il frutto di una selezione naturale. In effetti, l’evoluzione gioca su tempi molto lunghi, mentre il successo della funzione narrativa, e il conseguente sviluppo di altre abilità a essa connesse, sarebbe avvenuto in un periodo troppo breve. Tuttavia, anche accettando la tesi che il costruire storie sia il frutto o l’epifenomeno casuale della “rivoluzione cognitiva”, le conseguenze sul piano pratico sono state enormi. Senza cadere in posizioni riduzioniste, Cometa mostra come le capacità narrative costituiscano un fattore fondamentale nella costruzione del Sé: grazie ad esse diventa infatti possibile la continuità dell’io nel tempo, ossia quel legame profondo tra passato, presente e futuro che costituisce l’unità della nostra persona. Inoltre attraverso la narrazione si elabora un mondo “transazionale” – nel senso di Winnicott –, dove l’individuo può esercitare in un ambiente non ansiogeno una serie di competenze che lo aiutano a comprendere gli altri.

«Le storie hanno dunque – osserva Cometa – un ruolo fondamentale nel dar forma a ciò che possiamo aspettarci dagli altri e a ciò che gli altri devono aspettarsi da noi, e questo vale soprattutto per la vita quotidiana. Ciò significa che le storie orientano le nostre azioni (…) e, quel che più conta, ci riescono facendo appello a tutta una serie di capacità non verbali, incorporate, che in prima istanza prescindono dai “contenuti” e dalle semantiche» (p. 179).

 La facoltà narrativa è così uno strumento essenziale, che può essere rivolto alla comprensione del Sé o degli altri, e contribuisce in modo decisivo alla costituzione del nostro essere-nel-mondo.

Nell’attenta disamina delle radici cognitive alla base del costruire storie, Cometa trova tre concetti chiave: il blending, il mind reading e l’empatia.

Il blending «consiste sostanzialmente nella capacità cognitiva di “comprimere” e “abbreviare” alcune “relazioni vitali” (…), come le relazioni di causa-effetto, parte-tutto, spazio e tempo, somiglianza, analogia, disanalogia ecc. Il blending è sostanzialmente un kit di compressione che (…) rende maneggiabile la vita» (p. 216). Grazie ad esso si possono costruire metafore, e incrociare campi semantici e cognitivi diversi. Sul piano narrativo è l'abilità che rende possibile la retorica.

Il mind reading indica «la capacità che la mente umana ha di comprendere le intenzioni degli altri esseri animati» (p. 223). Ancora una volta si è di fronte a una funzione essenziale per la sopravvivenza della nostra specie, che le capacità narrative esaltano. Attraverso il mind reading si rafforzano la cooperazione, la competizione e il senso morale. In altre parole, il mind reading è «una sorta di dotazione psicologica innata (…), può essere considerato la capacità di simulare la psicologia altrui imitandola o empatizzando»(p. 244). Il mind reading è quindi strettamente connesso al concetto di empatia, che l’autore analizza a fondo in dense pagine, confrontando le recenti acquisizioni delle neuroscienze – in particolare le ricerche sui neuroni specchio – con la psicologia cognitivo-comportamentale e l’antropologia letteraria. Senza cadere in sterili tassonomie, Cometa riesce a tracciare lo “spettro” dell’empatia: dal “contagio emotivo alla “corrispondenza affettiva”, attraverso l’analisi del focus emotivo sul Sé o sull’altro, emerge un concetto dinamico, stratificato, che si riverbera in modo complesso nelle storie che raccontiamo o ascoltiamo.

All’attenta descrizione delle capacità narrative, Cometa non manca di affiancare la non meno rilevante analisi delle loro fratture: l’autore sceglie come compagno privilegiato per immergersi in questo mondo di erranza del Sé un maestro indiscusso come Oliver Sacks. Infine, nell’ultima parte del lavoro, la funzione narrativa è colta anche nel suo valore terapeutico, quale utile strumento per la cura dell’ansia. Anche in questo caso l’autore poggia le sue tesi sulle ricerche di uno dei più grandi esperti sul tema:  Joseph LeDoux  

In conclusione più si avanza nella lettura del saggio, più si ha l’impressione del “tout se tient”: l’immensa bibliografia da cui l’autore sviluppa la propria indagine è forse la prova più importante della necessità di ricerche interdisciplinari in campo letterario e di un confronto più serrato tra scienze umane e scienza naturali privo di pregiudiziali riduzionismi o banalizzazioni. In un mondo accademico dove regna l’iperspecializzazione – e in Italia il fenomeno è forse ancora più marcato – l’apertura della ricerca letteraria all’apporto non solo delle altre scienze umane ma anche delle scienze esatte è senz’altro – al di là dell’evidente e indiscutibile valore del testo di Cometa sul piano dei contenuti – la lezione più suggestiva di Perché le storie ci aiutano a vivere.