GIORGIO CALCARA, I druidi. Permanenza e rinnovamento di un sacerdozio


 

Giorgio Calcara, I Druidi. Permanenza e rinnovamento di un sacerdozio, Roma, Stamen, 2017

Recensione di Nicoletta Capotosti

 

Il libro di Giorgio Calcara sulla figura del druido ricostruisce l'immaginario prodotto da secoli di storia e leggende nate nel nord d'Europa. Materiale di estremo interesse per storici e antropologi esso è il risultato di un lungo e appassionato viaggio, intrapreso dall'autore negli anni novanta quando, ancora liceale, decise di partire per l'Inghilterra, dopo aver maturato un paio d'anni di intense ricerche d'archivio. Molte delle informazioni ricavate, alcune delle quali inedite, compongono un quadro articolato che illustra l'intera storia della religione celtica.

Colpisce di sicuro un così forte e prematuro slancio per la ricerca in uno studente non ancora universitario; sebbene in quegli anni le letture sui panorami mitologici nordici fossero piuttosto di moda tra i nostri coetanei, ciò che qui stupisce è il rigore di un approfondire indefesso che ha trovato il suo culmine in un percorso universitario progettato intorno a questo tema.

Molto precocemente l'autore fu indotto allo studio di lingue necessarie al suo lavoro: non solo l'inglese e il francese, ma ben presto anche le lingue celtiche di derivazione gaelica e brittonica.

Fu però una scoperta, in particolare, che indusse lo studioso sulla strada di un'autentica ricerca etnografica: il druidismo non era morto con le campagne di Giulio Cesare, ma era risorto in nuove forme sincretiche genericamente definite neo-druidismo. I lunghi soggiorni trascorsi nelle grandi città (Edimburgo, Londra) a consultare documenti e volumi depositati in abbazie, musei o archivi (Trinity College di Dublino, abbazie di Irlanda e Scozia, Amagueddfa Genedlaethol in Galles) lo condussero fino all'università di Rennes, al dipartimento di studi celtici, nel quale Calcara trascorrerà ogni estate per dieci anni. Il prolungato soggiorno in quei paesi ha consentito la frequentazione di contesti in cui le antiche lingue celtiche erano ancora parlate.

L'incontro fortuito e particolarmente suggestivo con un druido (Yann Sukellos) introdusse poi l'autore nel cuore dell'esoterismo celtico.

 

Gli esiti dello studio fatto dal Calcara sul druidismo sono confluiti nella sua tesi di laurea e appaiono oggi nella pubblicazione curata da Stamen (Collana dissertazioni). Il libro pubblicato a dicembre del 2017, si compone essenzialmente di due parti, seguite da un'appendice.

La prefazione dell'antropologa prof.ssa Alessandra Ciattini, inclusa nella seconda edizione del libro, ne illustra gli aspetti antropologici spiegando le affinità del neo-druidismo con altri movimenti religiosi contemporanei. La bella introduzione inquadra l'intero lavoro nel contesto degli studi sul tema.

La prima parte dello scritto si occupa di ricostruire i riferimenti ai druidi che compaiono nelle fonti classiche. Il De bello gallico di Cesare e il De divinatione di Cicerone ci presentano un'immagine del druido che esula dall'ambito prettamente sacerdotale per includere funzioni sociali di alto rilievo nel ruolo di magistrato (l'esempio di Diviziaco) o di capo politico. L'analisi dei testi prosegue con autori che descrivono epoche di poco successive a quella di Cesare (Plinio il Vecchio, Tacito, Pomponio Mela e Strabone): ciò che emerge da queste fonti è il ridimensionamento dei compiti affidati ai druidi; la romanizzazione dei territori gallici tolse loro - innanzi tutto - il "potere di giudici legiferanti in materie pubbliche" (p.23). In una tappa successiva i druidi subirono una definitiva concorrenza anche negli ambiti religioso (con l'instaurarsi del culto imperiale) ed educativo (con la diffusione delle scuole imperiali), continuando però a istruire i figli di nobili celtici, fino all'evento che determinò un punto di non ritorno: il massacro di Menai (60-61 d.c.), a seguito del quale essi divennero illegali.

Con la cristianizzazione d'Europa (V secolo), nelle isole britanniche emersero di nuovo notizie dei druidi. L'autore utilizza l'esempio dell'attività missionaria di San Patrizio per descrivere un passaggio tipicamente sincretico, che diede forma alla resistenza del druidismo nell'alveo cristiano.

Molto interessante l'attenzione alle trasformazioni lessicali: la terminologia celtica tradizionale diversificava tra bardo, vate e druido. Il primo ha il ruolo di benedire, con canti e poesie, le imprese e gli eroi; il Vate pratica divinazione e sacrifici, il Druido è maestro e filosofo e può esercitare anche le funzioni dei primi due.

Con l'affermarsi della forma sincretica, a seguito della cristianizzazione la figura del Druido fu, in Irlanda, assimilata (cioè declassata) a quella di vate (il file). E' in questa fase che i filid adottarono la scrittura abbandonando l'arte gnomica e mnemonica. Tra le raccolte giunte fino a noi (scritte in gaelico e in lingua latina) c'è il noto ciclo di Ossian, di cui l'autore afferma recisamente la derivazione mitologica, escludendo ogni pretesa storiografica.

 

La seconda parte della ricerca è dedicata al neo-druidismo, ufficialmente affermatosi nel XVIII secolo che ebbe una forte spinta dalla riscoperta dei classici avvenuta in epoca rinascimentale e da alcune scoperte archeologiche (John Aubrey). La fondazione della Ancient Druid Order nel 1717 a Londra, segnò la rinascita del druidismo, ad opera di John Toland. La confederazione subì un'importante scissione solo nel 1964. Un secondo ramo del neo-druidismo sorse a Londra (1792) ad opera di un gallese (Edward Williams).

Le articolate vicende del druidismo moderno tracciano un percorso culminante nella straordinaria diffusione di questo movimento spirituale: Australia, Nuova Zelanda, Germania, Svezia, Norvegia, Danimarca e Svizzera e Francia. Una sensibile flessione di adesioni si ebbe quando nel XX secolo "il governo di Londra, capito il giro d'affari che ruota attorno alle società mutualiste, si organizza (...) avocando allo Stato il dovere dell'assicurazione sanitaria nazionale" (p.70). Tali provvedimenti non hanno assolutamente eclissato la presenza del druidismo in epoca contemporanea, sebbene sia pressoché impossibile ricostruire i riti iniziatici di alcuni ordini, trattati "con cautela da altre associazioni neo-druidiche, che hanno sempre sospettato una radice e una finalità massonica nel loro operato" (p.ivi). Nonostante ciò, l'autore può - avendo preso parte alle cerimonie come osservatore - descrivere alcuni rituali (pp.75 e segg).

 

Le pagine di questo saggio - capace di restituire sobrietà e valore scientifico a un tema troppo spesso affrontato in modo estemporaneo e riduttivo (facendo leva su immaginari fiabeschi e occulti) - si concludono con una descrizione molto vivida dei druidi oggi (p.95). L'immagine di neo-druidismo che ne risulta è quella di movimento spirituale e politeista, che attrae circa due milioni di persone nel mondo e che nel 2010 è stato ufficialmente riconosciuto come religione (da parte della Charity Commission d'Inghilterra e Galles) il quale non si lascia contaminare da "i pensieri stravaganti di pseudo-sacerdoti" che ne fanno "un fantasioso e spesso ridicolo rituale new age a base di tarocchi e chiromanzia"(ivi.)