LUCA MUNARON, Fisiologia evolutiva. Riflessioni su stabilità e modificazione nei viventi

 

 

Luca Munaron, Fisiologia evolutiva. Riflessioni su stabilità e modificazione nei viventi, Milano, Franco Angeli, 2019.

Recensione di Salvatore Grandone

 

Ci sono scienze che verificano le proprie ipotesi attraverso prove ed esperienze dirette, altre invece, come la fisiologia evolutiva, argomentano e costruiscono le loro teorie basandosi sul principio di coerenza interna e su prove indirette. L’oggetto della fisiologia evolutiva è infatti la comprensione del dinamismo delle funzioni vitali, del modo in cui esse si sono evolute e si potrebbero evolvere. «Ma – osserva Luca Munaron, docente di Fisiologia all’Università di Torino – ricostruire le funzioni vitali, risalire le correnti dell’evoluzione della fisiologia significa lavorare con le mani vuote, prove indirette e qualche fragile suggerimento» (p. 9). Questa apparente mancanza rende la fisiologia evolutiva una scienza affascinante che ci costringe a ripensare le nostre categorie epistemologiche. Non a caso Munaron cita tra i pensatori che hanno stimolato le sue ricerche, oltre Stephen Jay Gould, il Paul Feyerabend di Contro il metodo (1975). Molti discorsi scientifici sono possibili solo con l’abbandono dei tradizionali paradigmi epistemologici e con la formulazione di nuovi modi di comprendere razionalmente il mondo – si pensi in tal senso a un altro testo fondamentale menzionato da Munaron: La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) di Thomas Samuel Kuhn. 

Partendo da queste importanti premesse, l’autore elabora un’articolata teoria dell’evoluzione delle forme viventi. Gli assi concettuali che guidano l'indagine sono «l’auto-organizzazione degli organismi viventi» – tema affrontato nella prima parte del volume –, gli «effetti della ridondanza strutturale e funzionale sulla fisiologia e sulla selezione naturale» – oggetto della seconda parte – e le «implicazioni biologiche» e la «potenziale creatività dei tanti generi di restrizioni a cui i processi funzionali sono sottoposti nel corso dell’evoluzione» (p. 10) – questioni analizzate nella terza parte.

Munaron descrive come gli organismi si auto-organizzano e si evolvono occupando le regioni del morfospazio. In altre parole, egli cerca di determinare il “come” e il “perché” dell’evoluzione delle forme viventi, e, allo stesso tempo, le loro possibili e impossibili evoluzioni.

Il duplice problema di chi affronta questo genere di studi è la spiegazione della genesi della molteplicità delle forme viventi (le Infinite forme bellissime, per usare un’espressione di Darwin ripresa come titolo nel celebre testo di Sean Carrol) e, soprattutto, della loro sorprendente complessità. È noto che per Darwin tale evoluzione avviene in modo graduale – Natura non facit saltus – e che l’assenza spesso riscontrata di forme intermedie tra una specie vivente e la sua progenitrice, magari estinta milioni di anni fa, è dovuta solo alla carenza dei reperti fossili. Questa tesi presenta diversi punti deboli, in parte già noti all’epoca di Darwin: uno dei principali, messo in luce dal filosofo e biologo Thomas Huxley, è la difficoltà di giustificare la conservazione nel tempo di tante piccole variazioni insignificanti che non concorrono al miglioramento delle possibilità adattive. Non solo, l’altro grande problema – evidenziato anche dal filosofo francese Henri Bergson nell’Evoluzione creatrice – è come sia possibile che le infinitesime variazioni accidentali subite da un organismo nel tempo possano produrre, sempre in modo accidentale, un mutamento della forma funzionale e portatore di maggiori potenzialità adattive. Bergson afferma:

«Una variazione accidentale, per quanto sia minima, implica l’azione di una gran quantità di piccole cause fisiche e chimiche. Una somma di variazioni accidentali, come ne occorre per produrre una struttura complessa, esige il concorso di un numero, per così dire, infinito di cause infinitesimali». (H. Bergson, L’évolution créatrice (1907), a cura di A. François, Paris, Puf, p. 203, tr.it a cura di M. Acerra, L’evoluzione creatrice, Milano, Rizzoli, 2012 ed. digitale)

Secondo il filosofo francese, accettare la concomitanza di un’infinità di variazioni infinitesimali come origine di una modificazione dell’organismo funzionale all’ambiente, e quindi selezionabile dalla natura, significa considerare il caso come un deus ex machina. Ora, sono tante le critiche di questo genere mosse contro il gradualismo di Darwin, spesso provenienti anche da correnti di pensiero molto distanti tra loro.

Tuttavia, ampliando la strada già aperta da Gould, Munaron argomenta come l’evoluzione delle forme sia imputabile a una molteplicità di fattori di cui la selezione naturale e la variazione genetica sono solo due componenti. Il primo passo importante da fare è mettere al centro l’organismo nelle sue molteplici interazioni con l’ambiente (esterno e/o interno). In tal senso occorre allora superare l’approccio riduttivo della Sintesi moderna, che ipostatizza una causalità lineare e univoca tra genotipo e fenotipo. Muranon osserva, attraverso l'originale sintesi di un'ampia letteratura che va da Gould a Maturana e Varela fino all’evo-devo – senza dimenticare la bibliografia scientifica di ambito fisiologico e genetico –, che l’evoluzione delle forme viventi si spiega attraverso cinque elementi fondamentali – l’autore parla di “prisma della fisiologia evolutiva” –: la selezione naturale, la stabilità, la ridondanza, l’auto-organizzazione e i vincoli. L’organismo è così inserito in un continuum spazio-temporale e in relazione sistemica con l’ambiente; esso è visto come «il risultato di un’interazione stretta tra il genoma, i prodotti della sua espressione e l’ambiente» (L. Munaron, op. cit., p. 47).

Per stabilità Muranon intende «un fenomeno dinamico che esige meccanismi di regolazione ed è pertanto significativamente diversa dalla staticità, dalla fissità, dall’equilibrio termodinamico» (Ibid.). In altre parole, l’organismo non tende a una stabilità statica, ma, per ricorrere a un’espressione del filosofo Gilbert Simondon, a una "metastabilità", ossia a un equilibrio dinamico in cui lo scambio tra esterno e interno dell’organismo implica in sé un certo squilibrio che può far variare i parametri della stabilità. Stabilità e modificazione non sono quindi due concetti opposti, ma complementari. Sia i nuovi che i vecchi equilibri dinamici di un organismo derivano infatti spesso dalle situazioni di eccedenza o di mancanza presenti all’interno ambiente – cfr. Josef Reichholf Der schöpferische Impuls. Eine neue Sicht der Evolution (1992).

Il concetto di autorganizzazione rinvia al fatto che «la vita è un processo di auto-costruzione o “autopoiesi”» in cui «cessa la separazione tra produttore e prodotto». Qui Muranon riprende un tema sviluppato da Humberto Maturana e Francisco Varela, tra l’altro approfondito anche dal biologo e filosofo francese Henri Atlan  – cfr. Entre le cristal et la fumée (1979) e soprattutto Le vivant post-génomique ou qu’est-ce que l’auto-organisation? (2011). L’organismo vivente è dunque una struttura che si auto-organizza e in cui la teleonomia può essere generata anche da fattori esterni che alterano l’equilibrio dinamico dell’organismo inducendo livelli più complessi di organizzazione – la cosiddetta complexité par le bruit (Atlan).

La ridondanza è un altro fattore chiave dell'evoluzione. Nelle forme viventi è ravvisabile una forte ridondanza che segue in una doppia direzione: funzionale e strutturale. Nel caso della ridondanza funzionale una medesima struttura può assolvere diverse funzioni, ad esempio le branchie possono avere una funzione nutrizionale, respiratoria, escretiva o osmoregolatoria. L’attribuzione di più funzioni a una medesima struttura si riscontra in genere in organismi distinti, ma alcune di esse possono anche coesistere nello stesso organismo.

Nel caso della ridondanza strutturale si ha invece la medesima funzione assolta da strutture diverse. Ad esempio «in molti organismi l’equilibrio salino è controllato dall’insieme di reni, branchie, intestino, cute, ghiandole» (p. 107). Ricordiamo inoltre, che oltre a giocare un ruolo essenziale nell’ambito della fisiologia evolutiva, la ridondanza è anche fondamentale nella comprensione dei meccanismi neuronali. Tra i numerosi neuroscienziati che ne hanno sottolineato l’importanza bisogna almeno menzionare Gerard Edelmann (Darwinismo neuronale, 1987) e Alain Berthoz (in particolare i due testi Semplessità, 2008 e Vicarianza, 2013).

Esaminiamo infine i vincoli. Leggiamo un bel passo del saggio di Munaron:

«Dove c’è materia ci sono vincoli, forze che a un primo approccio sembrano semplicemente arginarne la potenza. […] Non possiamo che essere ammirati dalla straordinaria varietà che la vita mostra sul nostro pianeta: proprio su di essa poggiano la selezione naturale e l’evoluzione biologica, sui molteplici, variegati e straordinari piani organizzativi e sulle forme individuali che si producono attraverso processi di sviluppo nel corso di generazioni ed ere geologiche. Sono le “Infinite forme bellissime” a cui fa riferimento Sean Carroll […]. Allo stesso modo, la gran quantità di limiti imprescindibili imposti alla pur potente selezione naturale, siano essi di natura fisica, chimica, genetica o storica, lascia spazi vuoti nell’universo dei possibili fenotipi». (Ivi, p. 129)

Le “Infinite forme bellissime” nascono pur sempre all’interno di un insieme di vincoli di vario genere. In un organismo una struttura non può mai sorgere dal nulla: i fenomeni di exattamento sono molto diffusi, così come, sul versante genetico, quelli di bricolage (François Jacob). Non dimentichiamo inoltre, nell’ambito delle forze, i vincoli biofisici, che nello sviluppo dell’embrione già predeterminano i bauplan di base. In proposito sono illuminanti gli studi di Vincent Fleury (Les tourbillons de la vie, Paris, Fayard, 2017; De l’œuf à l’éternité. Le sens de l’évolution, Paris, Flammarion, 2006).

In conclusione, il testo di Munaron è avvincente, scritto in modo chiaro, e accessibile anche ai non esperti del settore; un lavoro allo stesso tempo profondo e brillante che riprende e rilancia nel contesto delle attuali ricerche scientifiche le belle lezioni di stile e di metodo di Gould.