ALBERTO GIOVANNI BIUSO, Tempo e materia. Una metafisica

Alberto Giovanni Biuso, Tempo e materia. Una metafisica, Firenze, Olschki, 2020

Recensione di Salvatore Grandone

Forse la Metafisica è morta, ma “una” metafisica è ancora possibile, e il saggio di Alberto Giovanni Biuso costituisce in tal senso una lucida prova. Tempo e materia delinea un’ontologia che mette al centro la struttura temporale e materiale dell’essere nelle sue infinite e complesse articolazioni. L’autore prende le distanze tanto dalla ontologia eleatica e neoeleatica, quanto dalle riflessioni filosofiche che pensano l’essere come differenza irrelata. Il primo tipo di approccio nega infatti un aspetto fondamentale della realtà, il suo divenire, la sua irreversibile processualità; il secondo invece degnera spesso in discorsi vuoti, in cui la filosofia sembra chiudersi nell’ermetismo di una parola che perde il contatto con la realtà. Biuso sceglie con coraggio una strada diversa e avanza una metafisica rigorosa, dialogando a un tempo con la tradizione filosofica e con le scienze. Nel corso della lettura del volume si constata quasi subito come i titoli dei capitoli rinviino in modo efficace ai concetti principali della metafisica di Biuso.

In Una somatica del tempo (secondo capitolo) Biuso si sofferma sul “chi” interrogante l’essere. Sebbene il gesto sia heideggeriano, il modo di procedere è diverso. L’uomo che si pone la domanda sull’essere è descritto come un corpospazio, come un organismo vivente inserito pienamente nel divenire del tempo-materia. L’esserci non è per Biuso incorporeo, rappresentato al di fuori della sua onticità, ma visto come un ente in cui il rapporto identità-differenza, proprio del tempo, diventa consapevole. L’uomo è così ricollocato nello spazio-tempo degli enti e la sua differenza questionata non come qualcosa di assoluto, bensì in una prospettiva bio-logica e bio-fisica – i due aggettivi vanno colti nel loro più profondo senso etimologico –, che entra in risonanza con le scoperte delle neuroscienze, della genetica e della fisica.

«Tempo genetico, tempo cosmico, tempocoscienza costituiscono – osserva Biuso – un unico battito della materia consapevole di sé, dell’energia che scaturisce, si modula e si esaurisce. È tale battito profondo e inarrestabile che definiamo con i termini diversi di mondo, natura, umanità» (p. 28).

A differenza di filosofi come Bergson e Raymond Ruyer, Biuso non tende a riflettere sulle identità-differenze degli enti prendendo come modello la coscienza; non considera, in altri termini, i diversi livelli di organizzazione della materia come gradi di una coscienza che sarebbe ovunque presente. Biuso cerca piuttosto di mantenere il complesso intreccio del costituirsi degli enti all’interno della processualità di un tempo che si svolge e si riavvolge, si complica e si esplica in infiniti modi.

In Una fisica del tempo (terzo capitolo) l’autore si confronta con quelle teorie scientifiche e filosofiche che negano la realtà del tempo. Una lunga tradizione filosofica che comincia da Parmenide assolutizza l’identità dell’essere, negando il divenire. La matematizzazione della natura ha ripreso e prolungato questa idea e non mancano oggi scienziati che la sostengono, nonostante i risultati delle esperienze scientifiche vadano in ben altra direzione. Per argomentare come il tempo sia la sostanza e la materia stessa delle cose, Biuso assume come punto riferimento la termodinamica – in particolare offre un'interessante lettura filosofica dei due celebri principi della termodinamica –, disciplina che insiste sull’irreversibilità del divenire. D’altra parte, il tempo inteso come processualità irreversibile insita in tutte le cose è un dato che ritroviamo in molte scienze. In proposito, basta pensare alla biologia evoluzionistica – Biuso cita ad esempio le ricerche di Stephen Jay Gould –, ma si potrebbe aggiungere la stessa genetica. Ad esempio gli studi di Jean-Jacques Kupiec sfatano il mito della sintesi moderna secondo il quale l’organismo sarebbe il prodotto di un programma genetico. La tesi che la struttura e le funzioni degli organismi viventi sarebbero definite a priori dal genoma – la cosiddetta teoria dell’ordine attraverso l’ordine – sembra ormai superata. Il fattore aleatorio e stocastico è infatti fondamentale nella formazione di ogni essere vivente:

«Lo sviluppo dell’embrione non è diretto – nota Kupiec – verso un obiettivo. Le cellule non si differenziano per formare un corpo vivente. Vivono prima di tutto per se stesse e si associano per reciproco interesse, adattandosi a loro ambiente interno grazie alla variazione aleatoria che è intrinseca ad esse. […] L’organismo non è il fine di un’ontogenesi oggettiva che lo porrebbe come l’entità ultima del vivente; non è infatti che una fase dei cicli cellullari e multicellulari che costituiscono le linee genealogiche. Lo “sviluppo embrionale” è solo un segmento ripetuto e variabile che astraiamo dalla linea genealogica» (J.-J. Kupiec, Et si le vivant était anarchique, Les liens qui libèrent, 2019, pp. 215, 216. Tr. it. a mia cura).

Queste considerazioni mostrano come anche in quei settori in cui era dominante un’ontologia di stampo eleatico si infiltrino fattori causali e irrerversibili che attribuiscono al tempo un ruolo chiave.

In Una teologia del tempo (quarto capitolo), Biuso tematizza un altro aspetto importante della sua metafisica – già in parte abbozzato nei capitoli precedenti. Se ogni ente è fatto di tempo, non bisogna però dimenticare l’importante differenza ontologica tra il tempo dell’ente e il tempo dell’essere. È necessario non confondere i due per evitare un pericoloso regresso all’infinito. Se si assolutizza il tempo dell’ente – nella storia della filosofia questo è accaduto soprattutto per il tempo della coscienza –, diventa infatti impossibile spiegare come questo faccia esso stesso parte di un flusso temporale. Il tempo dell’essere è l’Ereignis, quell’evento-radura, che fa luce e disvela gli enti con le loro intrinseche evenemenzialità. Così Biuso descrive i caratteri dell’Ereignis dell’essere:

«Nell’Ereignis l’essere si dà come differenza, attrito e trasparenza. Differenza poiché l’essere non è un ente, né la somma degli enti, né la forma comune a ogni ente, ma ciò che nel loro accadere e darsi traluce. Attrito poiché l’evento non è un concetto o l’ennesima categoria ma è l’esperienza della resistenza che l’intero oppone sempre a una sua parte, che in questo resistere fa essere e apparire la parte come parte appunto di un intero. Trasparenza poiché l’essere lascia vedere attraverso sé la differenza da sé, fa emergere gli enti nel momento stesso in cui li pervade e in questo pervadere fa come l’onda che lascia sulla riva della percezione gli enti e dissolve l’onda che sulla riva li ha portati. Gli enti sono l’energia dell’onda che sparisce nel manifestarli, sono il suo apparire raggrumato. Senza il dileguarsi dell’apparire gli enti non sarebbero possibili e non sarebbero conoscibili» (A. G. Biuso, Tempo e materia, cit., p. 96).

L’evento dell’essere è la differenza che brilla dietro il dispiegarsi degli enti, l’attrito che li lega all’eccedenza dell’intero, la trasparenza che li costituisce come residuo del suo accadere.

In Una metafisica del tempo (quinto capitolo) e in Materiatempo (sesto capitolo), Biuso riprende le fila del discorso sviluppato nei capitoli precedenti e si sofferma sull’importanza di una metafisica del tempo.

«È possibile – continua Biuso – una metafisica che non immobilizzi l’esseredivenire in una stasi del tutto astratta? È possibile e necessaria. Tale metafisica è infatti il senso stesso della scienza che chiamiamo filosofia; è il suo obiettivo ed il suo segreto. Senza questa metafisica non sarebbe possibile comprendere il pulsare della vita quotidiana, il derularsi della storia, i cicli sempre uguali e sempre nuovi della materia, l’identità e la differenza, il tempo. Non sarebbe possibile quindi pensare. […] È dunque necessaria una metafisica del tempo, nel duplice senso dell’espressione. Metafisica che faccia del tempo il nucleo di ogni ricerca ontologica; metafisica che riconosca la realtà primaria e costitutiva del divenire, del movimento, della differenza» (p. 118).

Una metafisica del tempo non è solo possibile ma necessaria. Solo in questo modo la realtà può essere appresa e compresa. La riflessione di Biuso è quindi sia una metafisica sia un progetto per ogni futura metafisica. L’importanza che assume per l’autore il dialogo con la scienza mostra infatti come la filosofia possa ancora oggi rivestire il ruolo di una disciplina forte senza per questo arroccarsi in una torre eburnea. Del resto, la scienza non può pensare di sostituirsi alla filosofia. Senza scendere nel dettaglio della questione, non è difficile individuare i numerosi errori epistemologici, se non logici, che commettono spesso anche eminenti scienziati o divulgatori scientifici quando si improvvisano filosofi.

Biuso rimette la filosofia sulla strada tracciata da Husserl e Bergson, via troppo frettolosamente abbandonata da molte correnti filosofiche della seconda metà del Novecento. Il grande valore della ricerca filosofica consiste nella capacità di dialogare con le scienze per reinterpretarne le scoperte su quel piano di senso che è proprio del ragionare meta-fisico, di quell’interrogazione che va “oltre”, al di là della suddivisione della natura in ontologie regionali. Il “meta” incarna proprio la tensione verso l’intero che da sempre è intrinseca all’autentico filosofare.

Ci sarebbe ancora tanto da dire sul libro bello e intenso di Biuso. Sarebbe anche opportuno inserirlo nel contesto di altri recenti tentativi di metafisica, pensiamo ad esempio a quelli di Alain Badiou (L’être et l’événement) o di Claude Romano (L’événement et le monde), per mostrare come le riflessioni di Biuso arricchiscano in modo originale un dibattito molto ampio. Ma gli spazi ristretti della recensione non permettono di spingerci più lontano. Lasciamo dunque al lettore il piacere di gustare e di immergersi inTempo e materia.

Comunichiamo ai nostri lettori che il professore Alberto Giovanni Biuso ci ha concesso un'intervista per approfondire alcuni importanti aspetti di Tempo e materia. Una metafisica.


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