MICAELA ABBONIZIO, MATTEO BALLABIO (a cura di), Ferdinando Barison: l'incontro con l'esperienza schizofrenica

 

Ferdinando Barison: l'incontro con l'esperienza schizofrenica. L'unicità di ogni dialogo - copertina

 

 

Micaela Abbonizio, Matteo Ballabio (a cura di), Ferdinando Barison: l’incontro con l’esperienza schizofrenica, Roma, Giovanni Fioriti Editore, 2020

Recensione di Salvatore Grandone   

 

«Lo stato patologico può essere detto, senza che ciò suoni assurdo, normale nella misura in cui esso esprime un rapporto alla normatività della vita. Ma questo normale non può essere detto, senza che ciò suoni assurdo, identico al normale fisiologico, perché si tratta di altre norme. L’anormale non è tale per assenza di normalità. Non si dà vita senza norme di vita, e lo stato morboso è sempre un certo modo di vivere». (Georges Canguilhem, Il normale e il patologico)

 

Il volume raccoglie gli scritti più significativi di un importante psichiatra di orientamento fenomenologico: Ferdinando Barison (1906-1995), direttore dell’Ospedale psichiatrico di Padova dal 1947 al 1971, nonché professore di Neuropsichiatria infantile presso la facoltà di Medicina dell’Università di Padova (sezione staccata di Verona) dal 1969 al 1976 e di Psicopatologia presso la facoltà di Psicologia di Padova. La raccolta è inoltre impreziosita da articoli di psichiatri che hanno visto nella ricerca di Barison un punto di riferimento e un esempio da seguire. Gli interventi di Giovanni Gozzetti, Eugenio Borgna, Lorenzo Calvi, Ludovico Cappellari, Riccardo Dalle Luche, Maria Armezzani, Leonardo Meneghetti, Francesca Sbraccia, e ovviamente dei curatori Micaela Abbonizio e Matteo Ballabio aiutano il lettore a inquadrare la figura di Barison all’interno del complesso e variegato panorama della psichiatria fenomenologica.

Pur non avendo un carattere sistematico, la riflessione psicopatologica di Barison presenta alcune importanti costanti. Barison prende le distanze dall’atteggiamento scientista; ritiene che il mondo schizofrenico non possa essere ridotto a una serie di sintomi e “spiegato” in modo causalistico. Egli si scaglia in particolare contro “i burocrati della psichiatria”. Osserva Armezzani (Barison e la fenomenologia. La differenza ontologica):

«In un tempo in cui si andava affermando la psichiatria dei manuali diagnostici e delle ricerche neurobiologiche, Barison si è schierato fermamente contro quelli che lui chiamava “i burocrati della psichiatria”» (p. 153).

Tale diffidenza non è però aprioristica, perché deriva dalla capacità di Barison di percepire un orizzonte di significati all’interno dell’esistenza psicotica. Quella di Barison è quindi una psichiatria ermeneutica e fenomenologica «che cerca – sono le parole di Barison (La psichiatria tra ermeneutica e fenomenologia) – di comprendere i malati con i “come se” […] e con le metafore […]. Si tratta di una specie di giro avvolgente, che la psichiatria tenta verso un nucleo, che resta indicibile, ma è altamente significativo» (p. 17). I gesti, gli automatismi, le ripetizioni e i deliri dello psicotico non sono letti come epifenomeni di disfunzioni neuro-fisiologiche, ma come tasselli, tracce che compongono un mondo di senso “nuovo” e “altro”.

“Nuovo” e “altro” sono due parole ricorrenti e connesse, un vero e proprio leitmotiv del pensiero barisoniano. In Autenticità e psicoterapia Barison afferma:

«Qualsiasi psicoterapia può essere vista come il crearsi di una situazione assolutamente nuova che interrompe il corso della vita di due persone – terapeuta e terapeutizzato. Questo spazio “nuovo” […] favorisce l’instaurarsi di un “essere insieme” che implica modi di esserci del tutto nuovi per ambedue e che sono “terapeutici” in quanto costituiscono occasione di modi di essere autentici» (p. 26. Il corsivo è mio).

I vissuti del paziente non possono quindi essere inquadrati in schemi e protocolli; essi vanno piuttosto letti come elementi organizzatori di un mondo nuovo e altro rispetto a quello “normale”. L’Anders – Barison ricorre spesso al termine tedesco per sottolineare la portata fenomenologica del concetto di “altro” – costituisce il senso delle schizofrenicità (Comprendere lo schizofrenico, p. 42).

È evidente allora che la relazione medico-paziente non può essere confinata nella dimensione del fare e dell’operare; essa si configura invece come un incontro tra due mondi, il cui contatto è destinato a modificare entrambi. Il circolo ermeneutico diventa qui la terapia stessa, intesa come scambio di comprensioni e pre-comprensioni, in cui il domandare attivo e il silenzio passivo sono essenziali.

«L’ermeneutica – leggiamo Barison (La psichiatria tra ermeneutica ed epistemologia) – ci dice che dal dialogo clinico deve sorgere quella verità che è il nuovo orizzonte, così come l’incontro con un’opera d’arte consiste nel riconoscere il nuovo, che emerge tra gli elementi della tradizione, presentificandosi nell’atto della fruizione» (p. 19).

Riprendendo un termine chiave del secondo Heidegger, Barison concepisce l’incontro con il paziente prima di tutto all’insegna della Gelassenheit, un “lasciarsi andare” pensato come silenzio rispettoso dell’altro, che ascolta il mondo schizofrenico come un’opera d’arte, ossia come una creazione autonoma di senso. L'incontro non è certo sempre destinato al successo: la radicalità dell’esperienza schizofrenica espone il terapeuta allo scacco dell’incomprensione. Del resto, i fallimenti svolgono una duplice funzione: da una parte servono a stemperare l’innata tendenza alla classificazione insita in ogni ricerca scientifica, dall’altra preparano alle folgorazioni e alle intuizioni eidetiche – per restare nella terminologia husserliana –, che squarciano parzialmente il velo di mistero e di apparente non senso in cui è avvolto il mondo schizofrenico.

La centralità dell’Erlebnis del paziente conduce Barison verso un’originale lettura della psichiatria fenomenologica. Sebbene da tutti i saggi trapeli una profonda conoscenza dei classici (Eugène Minkowski, Karl Jaspers, Ludwig Binswanger, Viktor Emil von Gebsattel, solo per citare alcuni dei nomi più famosi), Barison non pratica una fenomenologia di “scuola”. L’adozione del metodo fenomenologico avviene in Barison in modo spontaneo e, all’inizio, quasi inconsapevole. Più di una volta Barison riporta nei suoi lavori che la consapevolezza di fare fenomenologia gli venne da un giudizio di Henri Ey (illustre rappresentante della psichiatria fenomenologica francese e autore del monumentale Traité des hallucinations) su un suo scritto giovanile. Analogamente, l’avvicinamento di Barison a Gadamer e al secondo Heidegger deriva dalla sua particolare visione del dialogo terapeutico. Non meraviglia allora che Barison non manchi di prendere le distanze anche da Binswanger, quando le sue personali esperienze lo portano verso strade diverse. In merito è emblematica l’interpretazione del manierismo schizofrenico. Se per Binswanger, e per altri psichiatri di orientamento fenomenologico, il manierismo implica un “minus”, un impoverimento dell’essere-nel-mondo, per Barison esso rinvia invece a un “plus” alla creazione di un nuovo, di un modo altro di essere-nel-mondo. Il manierismo «è – afferma Barison – è una sorta di esasperazione vertiginosa del comportamento espressivo, fattosi improvvisamente dilagante, come se fosse, per lo schizofrenico, un modo per far scoppiare la realtà sotto la spinta di potentissime esigenze vitali» (Il manierismo schizofrenico, p. 93).

La riflessione di Barison è così controcorrente non solo rispetto al mainstream naturalista della psichiatria dei suoi tempi e odierna, ma anche nei confronti della psichiatria fenomenologica che reinterpreta alla luce della propria prassi terapeutica.

In conclusione, la lezione di Barison è di grande attualità per chiunque voglia ripensare il senso e il destino della psichiatria, e i suoi scritti, lungi dall’essere un “reperto” storico, serbano una miniera di intuizioni per riflettere da un punto di vista diverso su alcune grandi questioni metodologiche e cliniche della psicopatologia. 

Comunichiamo ai nostri lettori che i curatori del volume Micaela Abbonizio e Matteo Ballabio ci hanno concesso un'intervista per approfondire alcuni importanti aspetti di Ferdinando Barison: l'incontro con l'esperienza schizofrenica.

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