ANNALISA AMBROSIO, Platone. Storia di un dolore che cambia il mondo

 

 

Annalisa Ambrosio, Platone. Storia di un dolore che cambia il mondo, Milano, Bompiani, 2019

Recensione di Nunzia Capasso

«Un’idea può essere la terraferma» (p. 156). Ecco l’ultima tappa di uno splendido viaggio alla scoperta di Platone reso possibile dalla penna di Annalisa Ambrosio, una giovane autrice, che compie un’operazione filosofica audace: parlare del pensatore ateniese, convinta che possa tornarci utile farlo se consideriamo non le sue opere ma il modo in cui vi sia arrivato. Senza grandi pretese questo testo dal titolo accattivante, Platone. Storia di un dolore che cambia il mondo, non ha lo scopo di svelare chissà quale aspetto ignoto di «uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi» (p. 9), bensì quello di farci scoprire, per quanto possibile, chi è stato il filosofo ateniese. Una scommessa azzardata, quella dell’autrice, che occorre fare affinché gli antichi ci risultino un po' meno distanti e noiosi. L’autrice sfida i tradizionali approcci introduttivi al pensiero dei filosofi – basati soprattutto sull’analisi dei contenuti –, affinché l’opera platonica possa tornare in vita. A tal proposito così esordisce nelle prime pagine: «io sono convinta che Platone possa tornarci utile di più se riconsideriamo il modo in cui è arrivato a queste cose. Allora sì che butterà fuori germogli ancora, come ogni buon classico» (p. 10)

A rendere il filosofo ateniese avvicinabile è la sua dimensione umana. Aristocle, questo era il suo nome da bambino, nasce ad Atene nel 427, quando la città è impegnata già da cinque anni nella guerra contro Sparta, dall’unione di due delle più antiche famiglie della città. Cresce ascoltando storie, miti e musica. Impara così che «le storie possono cambiare il mondo» (p. 68), ma quali storie? Non di certo quelle a cui ha prestato ascolto da bambino, leggende e fantasie dalle quali è bene prendere le distanze; occorre invece rivolgersi alle storie autentiche, orientate alla verità. Sembrerebbe una biografia quella di Ambrosio, ma non lo è, né si tratta di un’introduzione al pensiero platonico, ma di un esperimento ermeneutico originale: fare filosofia attraverso una storia, quella di un giovane che all’età di ventun anni ha la fortuna di incontrare un uomo come Socrate, la cui morte ingiusta gli cambia la vita. Da lui eredita «l’abitudine a fermarsi, a guardarsi dentro, ma soprattutto a spiegare: il giovane Platone intuisce che le parole disposte l’una dopo l’altra possono fare grandi cose, possono cambiare il mondo o almeno il destino di chi si è messo a dargli una forma» (p.66). Incontra il Sileno, «nel posto più libero e umile che c’è: la piazza sotto il cielo, il mercato» (p.29). Lo osserva. È uno scocciatore che tempesta le persone di domande, certo del fatto che «la gran parte delle persone non ragiona, non conosce il proprio bene, e si trascina un guscio inutile di certezze infondate» (p. 61).

Socrate «ha qualcosa di speciale: per quanto manchi di grazia, risveglia le persone che gli stanno intorno» (p. 38). Alla sua morte il giovane discepolo è amareggiato dal mondo e dalla società, allora si adopera per cambiarli. Questa è la prospettiva da cui Ambrosio ci invita a guardare. Platone è innanzitutto un allievo che soffre della morte del maestro, del quale desidera «prolungare la vita e non trova un mezzo migliore che raccontarlo» (p. 51). Il racconto diventa, grazie a Platone, lo strumento più efficace per eternare il ricordo di una persona cara. Ecco la tesi dell’autrice, che con un linguaggio essenziale, diretto e accessibile a tutti, ci restituisce la storia di un uomo che ha avuto il coraggio di attraversare un dolore trasformandolo in forza e di immaginare il futuro riempiendo di senso il presente. «L’istinto dice a Platone che i problemi si risolvono se si diventa capaci di muoversi dalla realtà al racconto della realtà», due dimensioni, a detta di Ambrosio, strettamente collegate che gli consentono di immaginare una società giusta, «una società in cui tutti sono uguali, ma non tutti fanno le stesse cose: ciascuno si sente al suo posto. Se siete realizzati e in pace con voi stessi, difficilmente vi viene in mente di guardare l’erba del vicino» (p. 83). E così le pagine di questo libro - più di qualsiasi manuale di filosofia - rendono vicino un pensatore tanto distante come Platone. Al nozionismo sterile la scrittrice preferisce l’inventiva al fine di rendere fruibile un grande progetto filosofico che nasce dalla volontà di tenere ben salda teoria e pratica, racconto e vita, idea e realtà. Del resto osserva Ambrosio «la grande scommessa di Platone era che una storia vera potesse tirarsi dietro un futuro migliore. Se le persone l’avessero capita e ci avessero creduto, allora avrebbero preso in mano la loro vita e l’avrebbero portata in quella direzione, insieme» (p. 11).